Indietro100 Anni di MARSALA

(02 LUGLIO 1913 / 02 LUGLIO 2013)

Immersione commemorativa in occasione del centenario dell'affondamento del Piroscafo Marsala

Piroscafo Marsala

Piroscafo Marsala

DATI RILEVANTI

Località: di fronte all'isola di Giannutri
Tipo di relitto: piroscafo da carico
Nazionalità: italiana
Cantieri di costruzione: Alexander Sthefen & Sons, Inghilterra
Armatore: Beraldo & Devoto, Genova
Stazza: 2274 tonnellate
Lunghezza: 80m
Data di costruzione: 1882
Data di affondamento: 2 luglio 1913
Causa dell'affondamento: collisione con il piroscafo italiano Campidano
Vittime: nessuna
Profondità massima: 107 metri
Profondità minima: 95 metri

SUBACQUEI LOGISTICA: ARGENTARIO DIVERS
pSCR  ECCR OC SIMONE NICOLINI (Fotografo)
VITALE COLOMBARO (Uomo Barca)
SIMONE NICOLINI ROLANDO DI GIORGIO
MARCO DONATO
MICHELE FEDRIGOLI
LUCE DE STEFANI

02 Luglio 1913

 

Ore 07:00 – Il Piroscafo Marsala, naviga tranquillo nelle placide acque del tirreno centrale. Proveniente da Sfax, in Tunisia con a bordo un carico di fosfato per lo stabilimento di concimi chimici di Orbetello, è diretto a Santa Liberata per lo sbarco della merce. A bordo è presente un equipaggio, formato da 23 uomini, compreso il Comandante Giacomo Massa, che alla partenza aveva imbarcato anche 4 passeggere.

Il comandante Massa era solito mettersi in mare con i suoi affetti femminili, così, per questo viaggio, ha con se sua moglie, sua cognata, una signora amica delle due e la figlia di un notabile di Sfax, anche lei amica della moglie del comandante.

A quest’ora a bordo regna un silenzio quasi totale, oltre al lieve scricchiolio delle assi di legno, si sente appena lo sciabordio dello scafo che solca la superficie del mare, nessuna voce, nessun movimento. A parte i marinai di turno, tutti dormono, comprese le quattro donne ospiti del Comandante. Il mare è perfettamente immobile, calmissimo e la fitta nebbia sovrasta la superficie dell’acqua come una coltre che attutisce suoni e vista.

 

Ore 07:44 – La nebbia è ancora molto fitta, impedisce pesantemente la vista ed il Piroscafo Marsala, ormai prossimo alla destinazione, si trova nelle vicinanze dell’isola di Giannutri.

Fatalità vuole che contemporaneamente, anche il Piroscafo Campidano, del compartimento marittimo di Cagliari, al comando del Capitano Arcidiacono, salpato da Cagliari e diretto a Civitavecchia, solcasse lo stesso tratto di mare, in quel punto, a poco più di un miglio e mezzo di distanza dall’isola. Anche da bordo del Campidano non si scorge nulla, sono state prese tutte le precauzioni, ma la nebbia è una coltre impenetrabile, c’è un’atmosfera surreale, sembra di navigare nel nulla, sospesi all’interno di una nuvola. All’improvviso la voce di un marinaio che urla squarcia il silenzio. La sagoma di una nave si materializza improvvisamente a pochi metri di distanza, l’impatto è immediato, non c’è modo di far nulla.

 

Ore 07:45 – l’impatto è inevitabile, il Campidano investe il Marsala tranciandolo quasi in due. Il Marsala viene devastato ed imbarca acqua molto velocemente. La violenza dell’urto sveglia tutti coloro che ancora dormono e l’equipaggio reagisce fulmineamente mettendo in acqua le scialuppe di salvataggio dove immediatamente, donne e marinai, tutti coloro che si trovano a bordo, prendono velocemente posto. Una volta in salvo, a bordo delle scialuppe, gli sguardi dei marinai si incrociano con quelli delle quattro signore che, colte nel sonno, hanno dovuto abbandonare la nave in deshabillé, così come si trovavano qualche minuto prima nella propria cuccetta di bordo. L’imbarazzo è generale, qualcuno offre una giacca per uscire dall’empasse, ma quello che conta è che la vita di tutti è salva!

 Nel frattempo, l’equipaggio del Piroscafo Campidano, che nell’urto riportava solo lievi danni, si avvicina, mettendosi all’opera per trarre in salvo tutti coloro che sono sulle scialuppe. All’appello manca solo la mascotte, un cagnolino, che disperato abbaia alla deriva su una tavola di legno e viene recuperato da una nave tedesca che passando nelle vicinanze si offre di cooperare con le operazioni di salvataggio.

 

Ore 07:55 – Il Marsala dopo dieci minuti dall’impatto sparisce sotto la superficie del mare e qualche istante più tardi cozza su un fondale di 107 metri di profondità. L’impatto con il fondo del mare provoca ulteriori danni alla struttura ormai debilitata del relitto.

Il Marsala, che in anni passati aveva partecipato ai “viaggi della speranza” facendo traversate oceaniche e trasportando gente disperata alla ricerca di una vita migliore nel “nuovo continente”, ora riposa sul fondo del mare toscano senza aver portato via la vita di nessuno che si trovasse a bordo, nemmeno quella del simpatico cagnolino eletto a mascotte.

 

 

 

 

02 Luglio 2013

 

Ore 08:00 – I subacquei sono appena arrivati sul molo di Porto Ercole. È una giornata serena, l’aria è pulita ed il mare si preannuncia immobile.

 

Ore 08:30 – Fervono i preparativi: Simone Nicolini, titolare del diving “Argentario Divers”, ha organizzato un’immersione commemorativa per il centenario dell’affondamento del Piroscafo Marsala. I subacquei Simone Nicolini, Marco Donato, Michele Fedrigoli, Luca De Stefani ed io (Rolando Di Giorgio – autore dell’articolo), si immergeranno sul relitto, alla profondità di oltre cento metri, proprio nel giorno in cui ricorre il centenario dell’affondamento.

Per effettuare questo tipo di immersioni sono necessarie molte attrezzature e miscele respiratorie idonee. In effetti nel gruppo ci sono tre tipi di configurazione: Michele e Luca in Circuito Aperto (bombole), Marco ed io con rebreather elettronico a circuito chiuso (ECCR) e Simone equipaggiato con rebreather semichiuso ad alimentazione passiva (pSCR).

 

Ore 09:30 – Si salpa da Porto Ercole. Il gommone è stracarico, con a bordo tutto l’equipaggiamento necessario all’immersione dei cinque subacquei, alcune bombole di emergenza, il pedagno da lanciare sul relitto, i sub ed il barcaiolo di bordo, nonché assistente all’immersione. Così, lasciati gli ormeggi di Porto Ercole, Vitale Colombaro, mette prua alla volta di Giannutri, Way Point Relitto Marsala!

 

Ore 10:00 – Siamo sul punto. Dopo una mezz’ora di navigazione in planata sulle acque immobili che separano l’argentario dall’isola di Giannutri siamo nei pressi del relitto.

La navigazione è stata molto piacevole: l’aria tersa del mattino permette di vedere ampie porzioni di costa anche a considerevole distanza, ad esempio, si vede chiaramente Civitavecchia!

Così a distanza di cento anni il mare è perfettamente calmo come il giorno dell’affondamento, ma la nebbia del 2 Luglio 1913 è assente e lascia il posto ad una trasparenza nell’aria davvero eccezionale.

 

Ore 10:15 – Il pedagno è sul relitto. Simone, coadiuvato da Vito (Vitale), che dirige il gommone perfettamente sulla verticale del relitto, ha centrato in pieno la coperta del Marsala, che ad un paio di passaggi successivi, conferma la sua presenza sullo schermo dell’ecoscandaglio. Ora i iniziamo a prepararci. Simone, che guida le operazioni, decide di scendere per primo insieme a Marco, per verificare l’esattezza del posizionamento del pedagno lanciato. Io, Michele e Luca, li seguiremo a distanza di dieci minuti.

 

Ore 11:10 – Ci immergiamo, l’acqua appare decisamente bella, di un azzurro intenso e pulito. Man mano che scendiamo la cima del pedagno scorre davanti ai nostri occhi e mentre l’intensità della luce diminuisce, i colori si modificano virando lentamente verso il blu sempre più scuro.

Quando mi trovo a circa 55 metri di profondità, già inizio a vedere le sagome di Simone e Marco che si aggirano sul relitto. Poco dopo li posso vedere chiaramente! Ci sono quasi quaranta metri di colonna d’acqua fra me e loro e sono addirittura riconoscibili! Vedo chiaramente Simone con in mano la macchina fotografica intento a scattare delle immagini della memorabile immersione.

 

Ore 11:15 – Sono sul fondo. Allungo una mano e posso sfiorare il relitto che silenzioso riposa qui sotto da cento anni. Il mio desiderio è di andare subito nel punto di profondità massima, accanto al relitto, dove si poggia sulla sabbia. Qui i miei due strumenti segnano uno 108 e l’altro 105 metri. Ma i miei pensieri sono a cento anni fa… chissà quanto tempo ha impiegato il Marsala per percorrere i cento metri che lo separano dalla superficie.. a me sono serviti poco più di 4 minuti… lui? Sarà stato più lento a motivo della grossa massa che faceva attrito con l’acqua, o una volta allagato, il suo enorme peso lo ha fatto sprofondare velocemente? Mentre sono assorto con questi pensieri aggiro l’enorme squarcio provocato dal naufragio e trainato dallo scooter subacqueo sfilo nella zona di coperta che si raccorda con la parte più integra della nave. In quel punto un pesce luna di grossa taglia sosta a mezz’acqua librandosi fra i rottami e mi guarda incuriosito. Riesco a vedere il movimento del suo occhio sinistro che segue la mia sagoma, gli giro intorno e lui ruota su se stesso per non perdermi di vista, continua a seguirmi con lo sguardo finché non decido di cambiare direzione per dirigermi verso la poppa del relitto.

L’emozione che provo nel sorvolare il ponte di coperta del Marsala mi fa venire i brividi: sono passati quattro anni dall’ultima volta che ci ero stato e i ricordi che avevo nella mia mente ora si sovrappongono alle immagini catturate dagli occhi. Come ricordavo, le parti in legno della nave sono crollate lasciando scoperta la struttura in metallo, ci sono incrostazioni di vita marina dappertutto, ostriche ovunque e un’aragosta fa capolino da un riparo trovato fra le lamiere contorte. Entro nell’ingresso di una stiva della nave e mi soffermo a scrutare al suo interno: è parzialmente riempita di sedimenti, solo in un angolo, un foro aperto sul pavimento crea una specie di cratere nella sabbia come se tutto venisse risucchiato da quel buco.

Riprendo la perlustrazione del relitto, sono di nuovo a sorvolare l ponte di coperta, incrocio quella che è l’apertura del fumaiolo, tolgo il dito dall’acceleratore dello scooter ed ancora con l’abbrivio della precedente propulsione, punto il fascio di luce della lampada scrutandone velocemente l’interno. Non vi scorgo nessun soggetto che richiami particolarmente la mia attenzione, così  torno a dare gas e proseguo oltre.

Cerco di immaginarmi questa nave così com’era nella  sua precedente vita, quando invece di un’immobile rifugio per pesci e molluschi, posato sul fondo del mare, era un piroscafo che solcava la superficie alla velocità di 11 nodi. Mi sembra di vedere il cagnolino mascotte della nave abbaiare appoggiato alla battagliola del ponte di coperta. Immagino i marinai che freneticamente si affollano fuori dagli alloggi per mettersi in salvo subito dopo l’impatto con la Campidano. Poi... torno con gli occhi del presente a scrutare il relitto: un luccichio attira il mio sguardo: è il fascio luminoso della mia lampada che viene riflesso da qualcosa, un oggetto rotondo, un vetro... sembra un oblò, ma la superficie del vetro dovrebbe essere completamente opacizzata dalle incrostazioni ed invece una scritta: “100” è stata tracciata su di lui, scoprendo il vetro lucido sotto il sottile strato di sedimenti che lo ricopriva. “Simone”, penso io, sicuramente sarà stato lui a voler ricordare questo giorno speciale segnandone un ricordo delicatamente sul relitto.

Il tempo qui sotto sembra eterno e immobile eppure il costante controllo degli strumenti mi dice che per oggi devo salutare questo bel posto. “Arrivederci Marsala”!

 

Ore 11:40 – Inizio la risalita verso la superficie. Questo è il momento più delicato di tutta l’immersione: la poesia, l’entusiasmo e le emozioni lasciano lo spazio alla tecnica ed il controllo. Immergendomi con un rebreather elettronico a circuito chiuso, dovrò non solo monitorare (cosa che avviene anche nella fase di permanenza sul fondo) ma anche adeguare la pressione parziale dell’Ossigeno (PpO2) presente nella miscela respirata ai valori idonei e previsti nei vari step della risalita per avere il profilo decompressivo precedentemente pianificato. Il modello decompressivo che adopero è il “Mnemonic Deco System UTRtek”.

La decompressione mnemonica prevede un profilo di risalita a velocità differenziate, in modo da adeguare la percentuale di diminuzione di pressione al tempo di cambio quota. Tutto ciò perfettamente coordinato con il controllo della PpO2 e con i tempi di sosta a quote predeterminate, concorre a stilare una curva di risalita molto dolce e progressiva. Il bello di questo sistema è che permette di estrapolare il profilo deco direttamente in immersione in base a tempo di fondo e variabili personali come freddo, fatica, stress, carico di lavoro ecc. dando inoltre la possibilità di modificare la decompressione in caso di avaria al circuito chiuso con eventuale utilizzo di miscele in circuito aperto.

Sto lentamente risalendo e controllo i dati visualizzati sui display da polso del mio Hammerhead (il rebreather che sto utilizzando per questa immersione). I dati rilevati dai tre sensori per ossigeno non sono perfettamente allineati. Un piccolo scostamento è normale, ma c’è una differenza fra i primi due ed il terzo che non è da ignorare. Si tratta di quasi 0.2 Bar, non si possono trascurare, anche se comunque tutti i sensori indicano una PpO2 respirabile, ciò non è altrettanto vero per l’efficienza decompressiva! Dunque ho necessità di sapere quale sensore mi sta dicendo la verità: i primi due che rilevano valori simili fra loro, o il terzo? Non mi resta che fare un lavaggio del loop respiratorio con la miscela diluente, rilevare i valori letti, paragonarli con quelli teorici e capire quale sensore funziona bene.

Così raggiungo una quota più “comoda”, mi stabilizzo vicino alla cima di risalita e con calma eseguo il lavaggio. L’operazione conferma la bontà di lettura dei sensori numero 1 e 2, a discapito del terzo.

Adesso ho un riferimento certo: so che i primi due sensori rilevano la reale PpO2 che sto respirando, ma devo continuare la decompressione integrando manualmente l’ossigeno, perché il valore erroneamente maggiore del terzo sensore, facendo media con gli altri due, inganna l’elettronica che sbagliando pensa di aver raggiunto il setpoint di PpO2 desiderato. Sarò io, per tutta la risalita a dover compensare manualmente quella differenza basandomi sulla lettura dei due sensori buoni.

 

Ore 14:25 – Emersione. Dopo un run-time di 165 minuti metto la testa fuori dall’acqua, il sole è alto e splende sereno e nella mia mente ci sono ancora gli attimi passati sul magnifico relitto del Marsala!

Ora è il momento delle impressioni a caldo e con gli altri subacquei ci confrontiamo per esprimere la gioia e la soddisfazione di una bellissima immersione ricca di incontri, emozioni e riferimenti al passato. Faccio subito una domanda a Simone: “100 lo hai scritto tu vero?”

 

Alcune Foto

 

 


Foto By Simone Nicolini

Foto By Simone Nicolini

Foto By Simone Nicolini

Foto By Simone Nicolini

Foto By Simone Nicolini

Foto By Simone Nicolini


 

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