Il portale "Serialdiver.com" in
occasione di una serie di uscite inerenti alla Subacquea
Consapevole, intervista Rolando Di Giorgio. Riportiamo di
seguito l'articolo completo.
SerialDiver: Quali sono gli obiettivi che un
subacqueo deve raggiungere per ottimizzare le sue
immersioni?
RDG:
l’acqua insegna, da questo non si scappa! Quindi più si va
sott’acqua e migliore sarà la nostra acquaticità e
confidenza con le particolari leggi fisiche del mondo
sommerso. D’altra parte, quando siamo sott’acqua,
l’efficacia delle nostre azioni non è legata solo alla
nostra esperienza ed acquaticità, ma anche alla
configurazione scelta ed alla qualità dell’attrezzatura
usata. Avere ogni cosa perfettamente funzionante ed al posto
giusto, aiuta notevolmente il subacqueo addestrato e
competente ad avere un’efficiente gestione dell’immersione.
D’altra parte un subacqueo, per
ottimizzare le proprie immersioni, contemporaneamente allo
sviluppare le abilità necessarie per far fronte ai vari
scenari che si possono verificare sott’acqua, ha bisogno di
un’altra caratteristica fondamentale. Questa caratteristica
spesso corre il rischio di non venire menzionata o
addirittura tralasciata perché data per scontato. Si tratta
dell’acquisire ed affinare la propria consapevolezza
situazionale. Configurazione, attrezzature ed abilità nello
svolgere esercizi vari, se non accostati ad un’adeguata
consapevolezza situazionale, rischiano di essere solo
sterili tecnicismi fine a se stessi e di non avere reale
efficacia in immersione.
La consapevolezza situazionale, i miei
allievi lo sanno, è il “light motiv” che porto avanti in
ogni corso che svolgo.
La consapevolezza situazionale, è
l’essere coscienti a 360° di ciò che succede, di come
succede e soprattutto del perché succede. Avere una vera
consapevolezza situazionale mette il subacqueo in condizioni
di poter gestire al meglio le proprie immersioni da tutti i
punti di vista. In altre parole, il subacqueo che ha vera
consapevolezza situazionale, è colui che, qualsiasi cosa
succeda, è in grado di gestire e dirigere la propria
immersione, anziché farsi “trasportare dagli eventi”.
Il primo momento in cui è necessario
avere consapevolezza situazionale è fuori dall’acqua, in
quei momenti dove ci si sta preparando per l’immersione e
probabilmente si sta facendo o si sta assistendo al briefing
dell’immersione stessa. Infatti, in questi frangenti, è
necessario avere sotto controllo una molteplicità di
fattori:
1.
La propria attrezzatura:
In base all’immersione che andrà a svolgere, ogni subacqueo
deve gestire e preparare la propria attrezzatura necessaria
per l’immersione stessa. Che sia un monobombola da
assemblare con octopus e gav o che sia un rebreather da
attivare e calibrare, seguito da un certo numero di stage di
bail-out o decompressive, con magari anche uno scooter
subacqueo, l’attrezzatura deve essere preparata ed
assemblata in maniera efficiente, competente, attenta e
sicura. Questo vuol dire che la consapevolezza di come
funzionerà sott’acqua e di quali incidenti può provocare un
cattivo controllo della propria attrezzatura, motiverà il
subacqueo ad essere diligente ed attento nelle operazioni di
assemblaggio e posizionamento dei componenti della propria
attrezzatura. Ciò si rifletterà inevitabilmente anche
sull’ordine e la cura di come e dove vengono posizionati i
vari componenti dell’attrezzatura sull’imbarcazione in cui
ci si trova.
Spesso in barca si vedono situazioni del
tipo: gruppo bombola fissato sulla murata da un lato della
barca, muta appesa dal lato opposto, pinne sparse lungo il
piano di coperta e maschera appesa al collo (come se fosse
l’unica cosa importante della propria attrezzatura).
Successivamente, all’ingresso in acqua, il subacqueo ha
puntualmente qualcosa che non va: ha dimenticato di
indossare il profondimetro ad esempio (perché era ben
custodito dentro la sua scatola originale nello zainetto
assieme al portafoglio, il telefono e le chiavi della
macchina, che è stato messo nella zona coperta), oppure si
accorge di avere una pinna sua e l’altra di qualcuno con un
numero più grande, o ancora, una volta immerso si rende
conto di avere una perdita sull’o-ring di tenuta del primo
stadio (controllarlo in barca avrebbe sottratto troppo tempo
allo scambio di battute con gli amici), oppure si è
dimenticato di indossare la cintura della zavorra.
Avere consapevolezza situazionale, in
questo caso, aiuta il subacqueo a saper gestire se stesso e
le proprie cose al meglio, affinché tutto sia perfettamente
a posto per l’immersione.
Ma non finisce qui, perché sempre nelle
fasi di preparazione, sappiamo bene quanto sia importante il
condividere e ripassare il piano d’immersione col proprio
compagno/team. Quindi il subacqueo consapevole, quando sale
in barca, non sceglierà il posto vicino alla caraffa del
caffè o al vassoio di biscotti alla nutella (a Roma si usa
l’espressione: “a li mejo posti”), ma concorderà col proprio
compagno o con il proprio team, un posizionamento favorevole
per la preparazione condivisa di attrezzatura e piano
immersione.
Una volta in acqua, prima di sgonfiare il
gav e scendere, il subacqueo e la squadra consapevole, si
rende conto dell’importanza dei controlli di superficie atti
a scongiurare problemi in immersione dovuti a piccole
disattenzioni facilmente risolvibili se individuate in
superficie, ma che possono portare serie difficoltà se
scoperte sul fondo.
2.
L’immersione: che in
acqua siano necessarie abilità ed acquaticità conformi al
tipo di immersione che si intende svolgere, è un dato di
fatto ed un’ovvietà sulla quale sono state spese molte
parole e sono stati stesi fiumi di inchiostro. Ormai tutte
le agenzie didattiche hanno degli standard e dei percorsi
didattici che impongono al subacqueo un percorso formativo
piuttosto articolato e corredato da programmi di
addestramento teorico/pratici di difficoltà crescente in
base al livello di certificazione richiesta.
È superfluo sottolineare come l’efficacia
dei vari programmi formativi proposti dalle agenzie
didattiche, sia direttamente proporzionale all’impegno e la
serietà con cui allievo ed istruttore svolgono il programma
(sia teorico che pratico) previsto per quel corso.
Quello che non è superfluo, invece è il
sottolineare come spesso ciò che manca al subacqueo non sia
tanto la capacità di “svolgere un esercizio”, ma il
discernimento necessario durante un’immersione per
anticipare e risolvere efficacemente un problema, o più
semplicemente per evitare di creare un problema.
Mi è capitato di vedere subacquei
talmente assorti nel compito a loro assegnato, da perdere
completamente di vista la situazione generale
dell’immersione! Subacquei che per rispettare le “procedure”
di discesa in squadra, fossero tutti attenti a controllare
che gli altri componenti fossero alla stessa quota, ma
dimenticandosi TUTTI che magari, essendoci cattiva
visibilità ed un pelino di corrente, sarebbe stato
necessario anche controllare la cima di discesa, tanto che
dopo cinque minuti sono tutti emersi a distanza dalla barca
avendo perso ogni riferimento con il punto di immersione. O
ancora subacquei che mentre sparavano il pedagno in
superficie si perdevano il compagno di immersione, o anche
subacquei che per fare una donazione gas, perdevano
completamente l’orientamento non essendo più in grado di
scegliere in che direzione andare per tornare sottocosta
(quanti si ricordano di controllare la direzione di uscita
prima di mettere la testa sott’acqua?).
Questi piccoli aneddoti sottolineano
quanto sia facile perdere di vista il controllo complessivo
dell’immersione quando si è impegnati nella gestione
ordinaria / di emergenza, di qualche cosa. Spesso quello che
manca è proprio la consapevolezza situazionale, ovvero la
coscienza formata dalla conoscenza che sott’acqua nulla è da
considerarsi in maniera settoriale e distaccata da tutto il
resto.
Nella vita di tutti i giorni, quando
siamo impegnati a svolgere le normali attività, abbiamo
sotto controllo una molteplicità di fattori. Ad esempio, se
squilla il telefono mentre stiamo lavorando, siamo in grado
di rispondere senza dimenticare ciò che stavamo facendo e
continuando ad essere in grado di riconoscere un’eventuale
situazione di pericolo qualora si presenti. Poi concludiamo
la telefonata e siamo anche in grado di ricordarci dove
abbiamo parcheggiato la nostra auto. Non solo, siamo anche
in grado di concludere la telefonata in tempo per poter
andare a prendere un figlio a scuola o rispettare un
appuntamento. Tutto ciò avviene normalmente e senza
particolare stress, perché siamo abituati all’ambiente in
cui viviamo e ne conosciamo bene i vari aspetti legati alla
nostra vita ed alle varie attività in cui siamo impegnati.
Al contrario, l’ambiente subacqueo è per
l’essere umano un posto “difficile”, dove è necessario un
apparato che funga da supporto vitale per respirare e dove i
nostri sensi sono falsati: udito, vista e senso
dell’equilibrio sono pesantemente alterati dalle diverse
caratteristiche fisiche dell’acqua rispetto all’aria. Quindi
tutto ciò che per l’uomo è elementare da svolgere fuori
dall’acqua, in immersione diventa difficile e sottrae
attenzione e concentrazione dalle altre mansioni. Avere
consapevolezza situazionale significa in primis riconoscere
questo fatto e capire come farvi fronte, imponendosi di non
tralasciare / sottovalutare quello che accade durante
l’immersione. Essere padroni dei dati fondamentali come:
Profondità, tempo, limite NDL, decompressione, riserva di
gas, consumi e direzione bussola, è indispensabile per aver
il quadro completo dell’andamento dell’immersione.
Mi è capitato, qualche anno fa, di fare
un tuffo, dove io ed il mio compagno di immersione ci siamo
trovati a condividere tempi e quote con un altro gruppo
presente in barca. Al termine dell’immersione, dopo che
tutti avevano completato i pochi minuti di decompressione
necessari, notai che uno dei subacquei dell’altro gruppo era
visibilmente preoccupato. Gli chiesi a gesti se era tutto ok
e se aveva terminato la deco, ma la sua risposta fu davvero
sconcertante, infatti mi mostrò il suo computer da polso che
segnava ancora ben 56 minuti di decompressione e mi comunicò
che aveva solo 10 Bar in bombola! Cos’era successo?
Tralasciando il grave errore di calcolo della sua scorta di
gas, che a quel punto dell’immersione non poteva e non
doveva essere 10 Bar, il subacqueo in questione, non si era
accorto di aver impostato un conservativismo molto pesante
sul computer ed aver selezionato la modalità di immersione
in altitudine! Il problema è che un subacqueo, tanto più se
come nel suo caso è un istruttore, non può ignorare
completamente il rapporto che intercorre fra i dati del
tempo di permanenza sul fondo e la relativa deco da
svolgere! E poi, se proprio vogliamo analizzare, come mai si
è accorto solo all’ultimo che il tempo deco era decisamente
superiore al tempo permesso dalla sua scorta di gas?
Consapevolezza Situazionale è essere
padroni dell’immersione, non farsi travolgere dagli eventi e
sperare che tutto vada bene! Purtroppo spesso succede
proprio l’opposto, ovvero il subacqueo segue mestamente la
guida, senza interessarsi di direzione, tempo, profondità
ecc e solo a fine immersione analizza (se lo analizza) ciò
che è successo.
SerialDiver:Come si raggiungono questi obiettivi?
RDG:
La risposta dovrebbe essere ovvia: seguendo un adeguato
programma di addestramento, studiando il materiale teorico
fornito insieme alle prove pratiche di tutti i corsi di
immersione e andando in acqua.
In linea di massima tutte le agenzie
didattiche forniscono manuali, slide e materiale di studio
ampiamente valido e sufficiente per dare, al subacqueo che
frequenta un determinato corso, le basi di conoscenza necessarie
al livello di immersioni previste per quel grado di
certificazione.
Naturalmente tale materiale teorico è da
studiare e da mettere in relazione con quello che dovrebbe già
far parte del bagaglio di conoscenza del subacqueo a motivo dei
precedenti corsi da lui frequentati. Ciò presuppone un continuo
studio ed aggiornamento con valutazione dei dati conosciuti e
riflessione/meditazione di quanto imparato di nuovo. Il
subacqueo consapevole è un subacqueo a cui non manca di certo la
conoscenza teorica della materia!
Tutte le conoscenze teoriche, devono poi
essere tramutate in pratica ed accostate alle adeguate
immersioni di addestramento. È normale che aumentando la
difficoltà tecnica legata al livello di immersione,
parallelamente aumenti la difficoltà di gestione consapevole del
tutto. Solo un costante allenamento, specialmente se praticato
con chi può analizzare e correggere ciò che viene svolto, può
dare risultati di costante crescita dal punto della vera
consapevolezza situazionale in immersione.
La pratica è fondamentale! Basta pensare alla
differente “scioltezza” di chi guida tutti i giorni per
centinaia di chilometri, rispetto a chi prende l’auto solo
domenica per andare a fare la spesa! In acqua è la stessa cosa,
la prontezza di risposta ed il grado di comfort determinati
dalla propria consapevolezza situazionale sono direttamente
proporzionali alle ore di acqua svolte.
SerialDiver:Le vostre tecniche di propulsione si differenziano
moltissimo da quelle delle subacquea ricreativa, perché?
Perché cambiare pinneggiata?
RDG:
Indipendentemente dalle definizioni di “subacquea tecnica” o
“subacquea ricreativa”, è importante capire il perché
scegliere un tipo di pinneggiata piuttosto che un’altro. Non
ci sono stili di pinneggiata da subacqueo ricreativo e stili
di pinneggiata da subacqueo tecnico. Il concetto di base da
tenere a mente è il rapporto energia consumata/efficacia di
propulsione.
In campo automobilistico, ogni casa
costruttrice, è orgogliosa di mettere in bella mostra non solo
le prestazioni in quanto a velocità di punta e potenza della
propria vettura, ma anche le caratteristiche di consumo di
carburante rapportato alla quantità di chilometri percorribili.
La benzina costa cara…
E le energie del subacqueo? Quanto costano?
Fatica, stress, crampi ed affanno sono il prezzo che il
subacqueo paga per il dispendio, o meglio per lo spreco, delle
proprie energie. Tradotto: aria consumata dalla propria scorta
per l’immersione! Tralasciando le varie problematiche collegate
al manifestarsi di situazioni di malessere vario durante
l’immersione.
È solo naturale pensare che l’adottare un
stile di pinneggiata tale da ottimizzare il consumo di energie,
sia di indubbio beneficio per tutto l’andamento dell’immersione.
La pinneggiata a rana permette di mantenere un’ottima andatura
con il maggior risparmio di energie e come detto, risparmiare
energie sott’acqua è sinonimo di maggior comfort e minori
consumi di aria. La pinneggiata a rana, inoltre permette al
subacqueo di mantenere una postura ottimale, così che se il
subacqueo si trova rasente al fondo (magari fangoso) e pinneggia
a rana controllando la posizione di gambe e piedi, avrà anche il
vantaggio di non alzare sospensione. Inoltre la pinneggiata a
rana, qualora la situazione lo richieda, permette anche dei
brevi sprint che hanno poco da invidiare alla propulsione a
gambe alternate. Insomma, una volta imparata, la rana diventa un
sistema di propulsione davvero efficace.
In argomento di sistemi di propulsione, però,
è riduttivo parlare solo di “pinneggiata a rana” e tralasciare
gli altri spostamenti possibili in acqua. È chiaro che l’essere
padroni della propria posizione in acqua, presuppone l’aver
familiarità con i sistemi di spostamento in tutte le direzioni
possibili. L’avere facilità di movimento in avanti, indietro,
piuttosto che di rotazione verso destra o verso sinistra è di
sicuro un fattore che rende l’immersione più piacevole. Spesso
il subacqueo deve mantenersi fermo di fronte ad un punto che può
essere la cima di risalita, il proprio compagno di immersione,
nonché un soggetto da osservare/fotografare. Come fare se invece
la corrente lo spinge avanti o lo ruota sul proprio asse? Ecco
che la padronanza di movimenti come “l’elicottero” o il “back
Kick” (retromarcia) è di grande aiuto nel mantenere con
naturalezza la propria posizione in acqua.
Quindi perché cambiare pinneggiata? ..la
domanda è: perché non farlo, se si scopre che esiste un sistema
più efficace?
Indipendentemente dalla profondità
dell’immersione e dall’attrezzatura indossata, avere uno stile
di pinneggiata che ottimizza lo sforzo e massimizza la spinta
propulsiva, rende l’immersione più piacevole e più sicura.
Consapevolezza Situazionale, Subacquea
consapevole, Rolando Di Giorgio, Sicurezza in Immersione, stile di Pinneggiata,
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